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Volontari e laici

In molti hanno avuto la possibilità e la fortuna di incontrare e conoscere padre Luigi, di parlare personalmente con lui in varie occasioni oppure attraverso lettere personali.

Andavo spesso a trovarlo nel suo studio nella casa di Borgonuovo per una visita e nonostante la sua salute precaria ogni volta aveva una parola di sostegno, di incoraggiamento,  voleva farmi crescere spiritualmente e umanamente. Il suo amore per l’Immacolata era grande. Mi ha colpito quanto riportato sul suo santino di nascita al cielo, il 9 ottobre 2005: “Maria mi ha concesso di superare le prove, i dolori e le lotte. Questa è stata la Madonna per me e tale sarà per ciascuno di noi se in Lei riporremmo ogni nostra fiducia, ogni nostra speranza”. Queste parole mi aprono ancora il cuore e, poiché non ho molta salute, me lo riempiono di pace.
Riporto quello che mi scrisse padre Faccenda un giorno, nell’anno 1996, ero già volontaria: “Stai serena. Non ti angustiare per quello che non puoi fare. Offri il lavoro, la fatica, lo stress. Tu sei una brava volontaria anche pregando e offrendo tutto. Coraggio!”.
Graziepadre per aver accettato il progetto di Dio, di fondare i due Istituti missionari e aver dato vita a noi Volontari dell’Immacolata padre Kolbe.
Carissimo padre che dal cielo mi guardi e ancora mi proteggi, rivolgo ogni mattina a te questa preghiera: aiuta tutte le missionarie, i volontari, i militi della sede di Bologna, intercedi per le nostre necessità spirituali e materiali.

Anna Manteo, Volontaria 

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Ho conosciuto padre Faccenda quando avevo 8 anni. Ricordo che mi avevano invitata a una rappresentazione teatrale su padre Kolbe: mi ero entusiasmata, ho pianto tanto perché credevo che l’attore fosse davvero padre Kolbe, m’ero avvicinata persino per toccargli la veste. Da quel momento la Milizia dell’Immacolata mi è entrata nel cuore. Era l’anno 1958. Padre Faccenda aveva il ruolo di direttore della M.I. bolognese. Ero piccola, ma mi ricordo che lui era un punto di riferimento per tutti. Il gruppo dei Piccoli militi era molto vivo, molto attivo; si facevano dei convegni con centinaia di bambini, preparavamo anche delle piccole feste, delle recite.

A tredici anni, il padre ha iniziato a farmi direzione spirituale. Era dolce ma anche deciso. A me piaceva andare alle feste da ballo, lui invece non ne era contento. Un giorno che ero stata invitata da un’amica, abbiamo discusso e mi ha detto: «Se vuoi l’assoluzione, tu dici un rosario e poi leggi questa meditazione per almeno un’oretta»… La sua intenzione era distogliermi dall’appuntamento. Poi però ci sono andata alla festa! Spesso teneva degli incontri sulla “vera donna”, sulla bellezza interiore, sui valori “al femminile”. Ai quattordici anni, il mio desiderio era diventare assistente sanitaria e avrei dovuto fare l’internato. Il padre mi disse che fino al raggiungimento dei diciotto anni avrei potuto lavorare per la Milizia. Ho detto di sì… ho continuato per vent’anni! Ero impegnata nel lavoro editoriale per i libri e le riviste. C’era tanta gente che veniva ad aiutare, era un lavoro di squadra molto bello. Si avvaleva di vari collaboratori: delle volte dovevo andare da Bologna a Milano a prendere gli articoli di “zia Lidia”, lo pseudonimo di una maestra anche un po’ anziana. Il padre scriveva tutto a mano, bisognava fare tre copie a macchina con la carta carbone di ogni foglio, fino a quando non c’erano più errori, poi le pagine venivano portate in tipografia. Andava lui, sempre avanti e indietro. Diceva che la stampa era importantissima, la rivista era la sua “creatura”.

C’era anche un lato scherzoso del suo carattere. Io sono sempre stata golosa e avevo sempre dei dolci dentro il cassetto della scrivania, però dovevo stare attenta a non mangiarli quando lui era presente. Una volta mi sono presa una focaccia con la panna, l’avevo nascosta stando con le orecchie tese, perché il padre era appena uscito. Apro l’armadio, me la sto per gustare, quando lui che aveva fatto finta di uscire, è rientrato da dietro, mi ha preso la testa e me l’ha tutta spiaccicata sulla focaccia. Ci divertivamo, anche se aveva un carattere “tosto”.

Il padre per decenni ha dato un notevole contributo per la formazione cristiana in Emilia, non solo attraverso la stampa, i convegni mariani, ma incontrando tanti giovani nei collegi. Formava le persone, e ascoltandolo rimaneva sempre qualcosa che uno poi si portava dentro per tutta la vita. Per me è stato così. Il mio impegno con la Milizia dell’Immacolata a Bologna continua ancora oggi, c’è l’ho dentro, nel cuore, vorrei che questa associazione andasse avanti, perché è una missione bellissima. Grazie, padre Luigi Faccenda!

Gloria Bettinelli

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Abitavo a Trebbo di Reno ma lavoravo in centro a Bologna. Conobbi le missionarie in via Ugo Bassi, quando per comprare delle cartoline entrai nella libreria dell’Immacolata. Dopo qualche settimana il negozio si spostò presso la basilica di San Francesco. Qui si trovava la Sede della Milizia dell’Immacolata, così negli intervalli di tempo mi ci recavo. Lì ho conosciuto padre Faccenda, che per me è stato un aiuto molto grande. Io ero molto giovane, lui mi dava consigli, sostegno, era un padre spirituale e ho un bellissimo ricordo. A 19 anni ho fatto la consacrazione a Maria nella prima Casa delle missionarie in via Marchetti, nel 1959. Quando mi sono sposata non riuscivo più ad andare spesso come prima, ma ogni tanto portavo con me i miei bambini. Tuttavia, il pensiero per il padre c’era sempre. Lo rivedevo il giorno dell’Immacolata per la processione e la fiorita in Piazza Malpighi, poi partecipavo ai pomeriggi mariani. Ricordo che era lui a dare l’impronta della giornata anche se chiedeva ad altri l’apporto per la riflessione. Una volta è venuto a celebrare la Messa nella mia parrocchia, era disponibile a uscire dal convento per aiutare altri sacerdoti.

Con padre Faccenda parlavamo a volte anche di cose delicate, mi chiedeva della famiglia, di mio marito, era anche simpatico. Ho ancora qualche lettera, dove mi diceva: «Ricordati, ti voglio vedere in paradiso insieme al tuo sposo». Mio marito aveva 15 anni più di me e in quel periodo era molto. Ma il padre mi diceva: «Se vi volete bene, se andate d’accordo l’età non conta». C’era sempre quella parola, quell’incoraggiamento ad andare avanti con fiducia. Almeno una volta all’anno mi scriveva, e so che per rispondere alle lettere spesso non dormiva di notte. Aveva questa relazione personale con ogni persona da lui conosciuta, seguiva e sosteneva i suoi figli spirituali uno ad uno. Aveva tante doti, ha scritto tanti libri, mi sembra che abbia ricevuto anche un titolo, l’honoris causa per i temi mariani. Una persona completa, molto intelligente, comunicativa. Quando incontrava una persona lasciava il segno. Ricordo la sua cordialità, l’amicizia e la franchezza, perché se doveva dire una cosa la diceva chiaramente, anzi era suo compito dirla.

Mi colpì quella volta che inviò le missionarie in Argentina, nel 1969, l’anno della nascita della mia prima figlia. Ci pensò molto ma poi sono partite. Lui per ragioni di salute non era potuto partire come missionario, ma ha mandato quasi subito loro. Lui le andava a trovare. Lo fece quasi fino alla fine, anche se non stava bene... Io pregavo, dicevo fra me e me: speriamo che ce la faccia, che ritorni vivo. Chissà quanto rifletteva prima di prendere le decisioni, quanta preghiera, quanti notti insonni per sapere qual’era la strada giusta. Anche l’aspetto economico gli dava da pensare, perché lui ha iniziato da niente, nel dopoguerra. Si stampava la rivista ma erano spese; così tutte le costruzioni, nel 1963 la prima casa a Borgonuovo, e poi  in seguito quelle all’estero. Spesso non stava bene. Una volta mi sono messa a piangere e lui: tranquillo, solare, sorridente. Diceva: «Ora tocca a voi», chissà come gli è costato…

Lo ricordo sempre, è presente nella mia vita. Anche quando arriva la rivista che adesso si chiama Missione Maria e vedo una sua foto, lo rivedo, mi sembra che sia ancora con noi.

Marisa Tartarini Tampellini

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Il mio ricordo di padre Faccenda risale alla prima infanzia; posso dire che faceva parte della mia famiglia, sono cresciuto con lui. Ha sposato i miei genitori e battezzato me e i miei fratelli. Partecipavo agli Esercizi spirituali per i più piccoli guidati da lui a Borgonuovo. Mi ricordo soprattutto le sue parole sul valore della purezza, della preghiera, dell’amore all’Immacolata, sulla sincerità e comprensione. Ho dei quaderni pieni di appunti su questo, i diari di un bambino. Dal lui ho ricevuto le prime basi, i fondamenti della fede. I miei genitori non facevano una cosa senza aver parlato prima con il padre, mio papà poi ha disegnato la casa di Borgonuovo, ricordo che non c’era ancora il monumento all’Immacolata, c’era una vasca con dei pesci…   Poi, man mano ho conosciuto anche le missionarie; sono state molto importanti, erano come delle mamme per me. Ho dei ricordi bellissimi della mia infanzia.

Sono cresciuto frequentando la Milizia dell’Immacolata a Bologna. Del padre ricordo l’autorità paterna, sembrava quasi durezza ma era fermezza dettata dall’amore; ricordo la sua voce forte che risuonava nel convento di San Francesco, una voce che sembrava avesse l’eco quando mi chiamava: «Ennio!!!».  Mi ha fatto conoscere san Massimiliano, la sua testimonianza di vita donata. Mi ricordo nel 1971, a Roma per la beatificazione di Kolbe – io avevo 11 anni –, e mi dicevo: «Guarda com’è contento padre Faccenda!». Poi ho visto passare Francesco Gajowniczek, l’uomo salvato nel campo di Auschwitz. Ero piccolo ma sveglio, certe cose mi rimarranno in mente per sempre.

L’anno che sono stato via come militare non è stato facile per me, il padre mi accompagnava a distanza con delle lettere, delle telefonate, mi ha indirizzato a dei frati di Arezzo, mi è stato vicino, in lui ho trovato veramente un aiuto.

Quello che mi ha sempre colpito è stato il suo amore per l’Istituto, per le missionarie, le aveva sempre in mente, ricordava l’una e l’altra, si preoccupava. È stato non solo un fondatore ma un padre. In seguito ci siamo visti di meno, lo seguivo attraverso le missionarie, la rivista, ogni tanto andavo a trovarlo, e ogni volta che ci rivedevamo era una festa. Ho avuto la grazia di stargli vicino gli ultimi giorni della sua vita, di assisterlo anche alcune notti. Per lui rimanevo sempre il piccolo Milite, io mi presentavo così… Mi sembrava impossibile pensare di stare al capezzale di padre Faccenda. Vederlo lì, a letto, mi sembrava così strano, irreale, assistevo a un “debole” che per me era stata sempre più autorevole del mio babbo. Una sera mi ha stretto forte la mano come dire: guarda che ci sono, sono sempre io… E poi bastava che parlasse, anche ammalato la sua voce rimaneva la stessa, riempiva la stanza. Solo le ultime due notti si era fatta più debole. Padre Faccenda è sempre stato sulla mia strada. Mi capita spesso di pregarlo, nei momenti di difficoltà gli domando: «Che cosa faresti fatto al mio posto? Aiutami…». Lo sento vicino. È stata veramente una benedizione per me averlo conosciuto ed essere cresciuto con lui.

Ennio Gandolfi

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Sono trascorsi vari anni dalla nascita al cielo di padre Luigi M. Faccenda ma egli continua a vivere non solo nel ricordo di quanti lo hanno conosciuto e amato ma, soprattutto, nelle opere che ha realizzato. E sono tante che si potrebbe rischiare di fargli un torto ricordandone solo qualcuna. Ha fondato due Istituti missionari. E ha voluto affiancare alle Missionarie e ai Missionari dei laici che ha chiamato Volontari perché dovevano essere animati dal desiderio ardente di mettersi al servizio dell’Immacolata. Ma in questo momento a me piace ricordare, tra le sue opere più importanti, la rivista: Milizia Mariana che nei suoi settanta anni di vita ha comunicato valori, ha promosso iniziative missionarie, ha saputo parlare a piccoli e grandi delle opere meravigliose di Dio. Ora ha cambiato nome, diventando Missione Maria, ma continuando la missione che padre Luigi le aveva dato. Ricordo bene come lui riportasse ogni mese anche fatti di “cronaca bianca”, perché non possiamo ignorare la bellezza che ancora c’è sulla terra, la fiaccola della speranza che ancora arde in tanti cuori, la carità che ancora anima quanti spendono la loro vita affinché altri fratelli possano vivere dignitosamente, come figli di Dio. Questi sono i valori che Missionarie e Volontari abbiamo attinto dalla parola e dall’esempio di padre Luigi e che ci impegniamo a vivere e comunicare.

Io ho conosciuto padre Luigi nel lontano 1972, quando avevo poco più di venti anni e, da allora, fino alla sua morte, ho portato con me, nel mio cuore, la sua figura paterna, i suoi consigli, l’esempio della sua vita, spesa davvero fino all’ultima ora per l’Immacolata. Di lui conservo ancora alcune cartoline che mi spediva da Bologna o dai luoghi che visitava nei suoi viaggi missionari. Non mancava mai, infatti, di rispondere agli auguri che gli inviavo, a Natale e Pasqua. Poche parole che però sapevano infondere coraggio e speranza, che mi facevano sentire parte di una grande famiglia, che mi assicuravano la forza di una preghiera sincera e costante.

Ora non è più tra noi ma sono sicura che egli occupa un posto privilegiato, accanto all’Immacolata, e condivide con Lei l’amore per l’umanità che ancora lotta su questa terra. Perciò ogni mattina mi rivolgo a lui affinché interceda per noi e gli affido le mie preoccupazioni, le necessità della mia famiglia naturale e della nostra famiglia consacrata. Sono certa che, come quando rispondeva alle mie lettere, continua ad aiutarmi nel mio cammino di cristiana e di volontaria.                                        

 Teresa Ardone, Volontaria

 

 

 

 

Primo piano

Quando indossiamo la medaglia, è come se ricevessimo un abbraccio di protezione, una promessa silenziosa che non sia mo soli nella lotta. Maria diventa la nostra difesa, la nostra guida, il nostro rifugio. E la medaglia diventa il segno visibile di questa protezione, un simbolo che ci ricorda in ogni momento che c’è qualcuno che veglia su di noi.

Come aiutarci

Padre Luigi Faccenda è nato a San Benedetto Val di Sambro, un paese dell'Appennino tosco-emiliano, il 24 agosto 1920.

Numerosi sono gli scritti che padre Faccenda ci ha lasciato, rivolti soprattutto alle missionarie e volontari, ma non solo. Gli articoli pubblicati sulle riviste che parlano di lui.

Nei suoi numerosi scritti padre Luigi comunica riflessioni, esperienze, messaggi dai quali emergono il suo amore appassionato per Dio, per l'Immacolata e per ogni uomo.

Una raccolta di articoli riportati in alcune riviste in occasione del centenario della nascita di padre Luigi Faccenda.

Il 10 ottobre 2021, a Borgonuovo BO, è stato inaugurato e benedetto "Il viaggio di Faccenda". Non è una mostra e neanche un museo, ma la possibilità di un incontro con padre Luigi Faccenda, con la sua spiritualità che, come albero fecondo, ha esteso le sue radici e i suoi rami nel mondo e sta portando ancora frutto. L’invito è di fare il primo passo e visitare questo meraviglioso luogo immerso nel verde e diventare, per un breve o lungo tratto di strada, compagni di viaggio di padre Luigi Faccenda.

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