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Bolivia: il miracolo di agua

Una storia di cura e riscatto

da Montero - Bolivia

Sono arrivata in Bolivia, a Montero, nel 2006. Da subito mi sono sentita interpellata da tante immagini che mi scorrevano davanti agli occhi, situazioni e persone, in un ambiente molto bello ma alle prese con ancora tanta povertà. Ricordo che i primi giorni, andando a messa nella chiesa al centro del paese, vedevo sempre disteso sul marciapiede adiacente un uomo mezzo nudo (per non dire a volte senza proprio nessun vestito addosso), pieno di piaghe ai piedi, un volto scavato. Chiesi alle altre missionarie chi fosse, mi dissero che viveva da tempo in strada ed era conosciuto da tutti. Lo chiamavano Agua (Acqua) perché aveva paura dell’acqua. Mi risuonavano in mente le frasi di Madre Teresa di Calcutta: “Gesù si è fatto Pane per togliere la nostra fame, è affamato e sta aspettando il nostro pane”.

Chi era Agua? Alcuni anni prima alcune persone avevano portato a Montero tre ragazzi del popolo indigeno della regione con il fine di poterli inserire nella vita “civile”. Abitavano in villaggi lontani e vivevano cacciando con archi e frecce. Due di loro sembra che sono riusciti poi ad inserirsi in questa nuova vita ma Sebastian (il nome di Agua) aveva un ritardo mentale, pensava ed agiva come un bambino. Rimase così abbandonato sulla strada alimentandosi di quanto gli veniva dato dai passanti. Spesso lo cacciavano via dalla piazza gettandogli addosso dell’acqua, da qui la sua paura. La gente diffidava di lui, a volte diventava aggressivo per difendersi da chi si prendeva gioco di lui e a volte lo maltrattava. I vestiti che gli venivano regalati se li toglieva quando erano bagnati o sporchi così rimaneva senza niente.

Non potevo rimanere inerme nonostante ascoltassi voci che mi dicevano che altri avevano tentato di fare qualcosa, di aiutarlo ma lui tornava sempre sul marciapiede. Con altre missionarie abbiamo deciso di portarlo al nostro Centro medico e sociale per lavarlo, vestirlo, curargli le piaghe, erano così grandi e profonde che ci abbiamo messo tre mesi per farle guarire grazie alle medicine e al lavoro del medico. Rimaneva però sulla strada. Quando si ammalò gravemente lo portammo in ospedale, lo accolsero solo grazie al sostegno del Centro medico. Provavo intanto a chiamare diversi centri di accoglienza (noi non siamo abilitate per questo) ma nessuno aveva posto per lui. Quando arrivò l’inverno provai a chiedere anche in città, a Santa Cruz, non fu facile ma alla fine, pregando e “bussando”, fu accolto dalle Suore della Carità. Ogni mese andavo a trovarlo portando sempre qualcosa per lui e per el hogar. Lui mi sorrideva e mi accompagnava a visitare del centro dove era ospitato.

Agua aveva trovato un letto, una sedia tutta sua nella sala da pranzo, delle persone che si prendevano cura di lui. Lì è rimasto ed è vissuto quindici anni, probabilmente i più belli della sua vita. Nello scorso mese di febbraio abbiamo ricevuto la notizia della sua morte. La sua vita è stata un miracolo. Un uomo senza famiglia, senza casa, senza salute, senza amici, ha avuto per questi anni tutto il necessario per vivere con dignità.

Inutile la sua vita? Ha dato a molti la possibilità di realizzare le opere di misericordia, ha dato a tanti la gioia di toccare con mano un miracolo, fra questi ci sono anch’io.

Elena Zini

Montero, Bolivia  (comunidadmontero@gmail.com)

 

Maria Luisa ci scrive da Montero
Una vita lontano da casa
Primo piano

Professione dei voti e incorporazione perpetua nell'Istituto "Missionarie dell'Immacolata Padre Kolbe". Domenica 16 giugno a Castelfiorentino (FI). Grazie Lara per il tuo sì "per sempre" a Dio nella nostra Famiglia consacrata.

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